PATOLOGIE ED INTERVENTI
L’ipertrofia prostatica è un quadro clinico fisiopatologico correlata ai cambiamenti ormonali che accadono durante l’invecchiamento dell’uomo determinando una modifica strutturale e morfologicache può esercitare una compressione sull'uretra, determinando disturbi urinari da lievi a severi. Solitamente disturbi lievi non richiedono alcun tipo di trattamento farmacologico o chirurgico. I sintomi moderati o severi possono avere un impatto negativo sulla qualità di vita del paziente oltre essere associati a complicanze di tipo medico. La sintomatologia, il volume della prostata, il quadro clinico determinano la scelta terapeutica da applicare.
Si ricorre ad indicazione chirurgica:
- Peggioramento della sintomatologia in paziente già in trattamento farmacologico.
- In presenza di complicanze come
- Insufficienza renale
- Idronefrosi bilaterale
- Ritenzione urinaria
- Infezioni ricorrenti
- Ematuria
- Calcoli vescicale
- Intolleranza alle cure mediche
Sono a disposizione molteplici trattamenti chirurgici. Tutti hanno come target il miglioramento della sintomatologia minzionale mediante la sola rimozione della porzione centrale ed ostruente ostruente della prostata (adenoma) preservando sfintere e fascio vascolonervoso.
Le principali procedure da me eseguite sono:
- Resezione transuretrale della prostata (TURP)
- Trattamento laser
- Trattamenti ablativi alternativi miniinvasivi
- Prostatectomia a cielo aperto
Resezione transuretrale della prostata (TURP)
La TURP prevede la resezione dell’adenoma prostatico mediante l’utilizzo di un resettore endoscopico transuretrale “elettrificato” con il paziente in anestesia generale o locoregionale. E’ la tecnica maggiormente utilizzata e anche la più documentata. Presenta tassi di efficacia elevati con basse percentuali di recidiva. Necessita di 3-5 giorni di catetere vescicale. La procedura è gravata dall’elevata probabilità (80-90%) di eiaculazione retrograda permanente.
Enucleazione con laser al Thulium (ThuLEP)
Alternativa alla TURP, prevede l’enucleazione dell’adenoma prostatico endoscopicamente mediante l’utilizzo del laser al Thulium con il paziente in anestesia generale o locoregionale. Questo approccio permette un’ablazione tissutale più rapida e precisa espandendo l’indicazione endoscopica anche ad adenomi prostatici di dimensioni maggiori. L’utilizzo del laser permette una riduzione del rischio emorragico e nella riduzione dei tempi di cateterizzazione in 2-3 giorni. Il tasso di eiaculazione retrograda è il medesimo della TURP associandosi a una sintomatologia irritativa post operatoria lievemente maggiore.
Termoterapia a vapore interstiziale (REZUM)
Tecnica ablativa estremamente recente, vede l’applicazione di vapore acqueo intraprostatico mediante approccio endoscopico transuretrale. La procedura è eseguita in day hospital con anestesia locale o locoregionale con tempi operatori estremamente brevi. Il paziente viene dimesso con catetere vescicale che viene rimosso dopo qualche giorno a causa degli effetti infiammatori locali che la procedura determina. L’effetto disostruttivo si ottiene a distanza di almeno 2-3 mesi. Il vantaggio principale è rappresentato dalla preservazione dell’eiaculazione.
Calcolosi renale e ureterale
Un calcolo è un’aggregazione di Sali minerali o sostanze varie che ipersaturano le urine portando progressivamente alla loro cristallizzazione. I calcoli si formano a livello renale per poi eventualmente migrare in uretere. In base alla localizzazione e se l’ostruzione a carico della via escretrice è acuta o cronica la sintomatologia e le conseguenze possono variare.
Colica renale
Avviene quando il calcolo ostruisce rapidamente il flusso urinario determinando un dolore acuto e
forte che insorge al fianco omolaterale e si irradia anteriormente verso l’inguine.
Altri sintomi sono:
- Nausea e /o Vomito
- Sangue nelle urine
- Stranguria
- Febbre
La colica renale rappresenta una situazione di urgenza ed in alcuni casi anche di emergenza soprattutto se si sovrappone un quadro di sepsi. In alcuni soprattutto se l’ostruzione a carico della via escretrice è progressiva, il dolore può essere persistente, è importante comunque in questi casi eseguire una diagnosi differenziale con altre patologie.
Assenza di sintomi
Alcune litiasi non provocano dolore o al massimo scarsa dolenzia. Frequentemente sono di piccole dimensioni e non ostruenti e la loro diagnosi è incidentale. Possono risultare asintomatici anche calcolosi di grandi dimensioni formatesi lentamente.
Terapia conservativa
Alcuni calcoli, prevalentemente ureterali, possono essere espulsi spontaneamente in relazione alle dimensioni, alla morfologia e alla sede della litiasi. Coliche recidivanti possono avvenire nel paziente prima della loro espulsione che avviene prevalentemente entro le 6 settimane. Minore è la dimensione della litiasi (in generale fino a 5-7 mm) e minore è la distanza dalla vescica maggiore sarà a probabilità di espulsione. Due sono le terapie mediche conservative che possono essere applicate: la Terapia Espulsiva Medica e trattamento metabolico per calcoli di acido urico.
Trattamenti Attivi della Calcolosi Urinaria
Il trattamento chirurgico della calcolosi dipende da:
- Sede anatomica
- Volume
- Numero
- Clinica ed ematochimica del paziente
- Anatomia e comorbilità del paziente
In urgenza in quadri di severa infezione, alterata funzionalità renale o sintomatologia algica scarsamente controllabile è necessario decomprimere la via escretrici o mediante posizionamento di stent ureterale o mediante nefrostomia percutanea.
Possiamo eseguire in elezione:
Litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL)
Tentativo di frantumazione della litiasi mediante ultrasuoni focalizzati prodotti da un generatore. E’ una procedura che non richiede sedazione né una particolare preparazione ma esistono alcune controindicazioni mediche. I tassi di successo sono elevati sebbene potrebbero essere necessari più trattamenti e sia possibile la persistenza di frammenti litiasici. Le complicanze più frequenti sono le coliche renali, la febbre e l’ematuria. Più raramente possono verificarsi ematomi renali.
Ureterorenoscopia
E’ una procedura endourologica generalmente in anestesia generale che per via retrograda arriva dall’uretra fino al rene. Può essere condotta con strumento semirigido (URS) per litiasi prevalentemente ureterali o con strumento flessibile (RIRS) per litiasi intrarenali. Si procede a litotrissia del calcolo prevalentemente mediante laser con eventuale rimozione dei macroframmenti e successivo posizionamento di stent ureterale doppio J. La degenza ospedaliera è breve (1-2 giorni), mentre lo stent ureterale può rimanere in sede per 2-3 settimane. Le complicanze sono basse e sono rappresentate da infezioni, lesioni dell’uretere, ematuria e non completa bonifica della litiasi.
Nefrolitotomia percutanea (PCNL)
Prevede l’accesso transcutaneo alle cavità renali dove mediante appositi strumenti si procede alla frammentazione della macrolitiasi e all’evacuazione dei frammenti. Successivamente si posiziona un drenaggio nefrostomico da mantenere in sede per 2-4 giorni e un catetere vescicale. Le principali complicanze sono l’emorragia, le infezioni urinarie e da lesioni a carico degli organi limitrofi al rene.
Virus del papilloma umano (HPV)
Il Papillomavirus umano (HPV) è la più comune infezione virale del tratto riproduttivo. La trasmissione avviene principalmente attraverso il contatto diretto durante i rapporti sessuali vaginali, orali o anali. I fattori di rischio principali sono:
- Età del primo rapporto
- Promiscuità sessuale associata al numero di rapporti eterogenei
- Rapporti omosessuali
- Fumo
- Deficit immunitari o HIV
Sono fattori protettivi:
- Partner stabile
- Uso del Condom
- Circoncisione
Esistono più di 120 genotipi di HPV classificati in sierotipi oncogenici (rispettivamente a basso e alto rischio) e sierotipi Non-oncogenici. Studi riportano una prevalenza totale di HPV del 49% nella popolazione maschile.
La maggior parte dei pazienti affetti dal papillomavirus sono asintomatici, nel 90% dei casi il sistema immunitario elimina l’HPV naturalmente entro due anni. Il quadro clinico delle infezioni persistenti varia in base al ceppo presente. Alcuni tipi di HPV possono provocare neoplasie gravi come il Carcinoma della Cervice.Ulteriori sedi sono vulva, vagina, pene, ano e orofaringe.
In altri casi i Papillomavirus possono causare condilomi genitali, anali ma anche più raramente papillomi nella gola.
I ceppi HPV 6 e HPV 11 sono due delle più frequenti tipologie a basso rischio, responsabili della formazione di verruche e condilomi genitali, mentre HPV 16 HPV 18 HPV 31 e HPV 33 rappresentano i più comuni ceppi ad alto rischio, causando circa il 70% delle neoplasie HPV correlate.
Nell’ uomo è stato stimato che circa il 33 % dei carcinomi del pene e oltre il 90% dei carcinomi dell’ano sono da attribuire a genotipi ad alto rischio ed in particolare all’HPV 16 che rappresenta il genotipo ad alto rischio più frequente ma anche quello con minore probabilità di eliminazione da parte dell’ospite.
Nell’Uomo non è approvato attualmente nessun test di screening periodico. La diagnosi è pertanto clinica con l’esame fisico in presenza di condilomi genitali o lesioni sospette
peniene o anali coadiuvate dal test all’acido acetico e peniscopia. Il trattamento delle lesioni condilomatose anogenitali va eseguito per prevenire la trasmissione e per ridurre il discomfort al paziente. Il trattamento medico-chirurgico consiste nella escissione.
Diversi studi hanno mostrato che la vaccinazione in profilassi nel giovane maschio risulta estremamente efficace nel prevenire l’infezione, contro le relative complicanze genitali dopo l’esposizione e nell’abbattere la trasmissione dell’HPV stesso.
Per questo motivo va supportata la vaccinazione nei ragazzi prima dell’inizio dell’attività sessuale. Il vaccino quadrivalente per HPV6/11/16/18 si è mostrato efficace nell’indurre una forte risposta immunitaria e nel prevenire lesioni genitali e condilomi nel maschio.
Cistiti nella donna
La cistite è l’infiammazione della vescica. La causa più comune è rappresentata dall’infezione batterica.
La cistite batterica non complicata viene definita come un evento acuto, sporadico o ricorrente in pazienti non gravide senza alterazioni anatomiche o funzionali delle vie urinarie o prive di comorbilità.
L’incidenza aumenta notevolmente con l’età con punte a partire dall’inizio dell’attività sessuale e la gravidanza per poi aumentare ulteriormente dopo la menopausa rientrando spesso in un quadro più complesso chiamato Sindrome genitourinaria della menopausa.
Il meccanismo di infezione più frequente è per via “ascendente”, con il passaggio di batteri patogeni di origine intestinale che risalgono il perineo, colonizzano la vagina e per via transuretrale si localizzano nel lume vescicale.
La maggior parte degli eventi è causata dall’ E. Coli.
I sintomi principali della cistite sono disuria, urgenza e pollachiuria. Ad essi si possono associare sintomi minori come ematuria o dolore sovrapubico.
La diagnosi di cistite non complicata deve essere differenziata dalla batteriuria asintomatica la quale è una colonizzazione commensale e non un’infezione.
Per una maggiore accuratezza diagnostica e pertanto un miglior trattamento è consigliabile l’esecuzione dell’esame chimico-fisico delle urine e dell’urinocoltura.
E’ importante la raccolta del mitto intermedio mattutino direttamente nel contenitore sterile previa accurata igiene intima e delle mani evitando inquinamenti esterni.
Alla terapia antibiotica è utile associare una corretta idratazione (2 litri di acqua nelle 24 ore) per diluire la carica batterica urinaria.
Le infezioni delle vie urinarie ricorrenti (IVUr) vengono definite come episodi di IVU non complicate e/o complicate, con una frequenza di almeno tre episodi in un anno o di due negli ultimi sei mesi.
I fattori di rischio possono essere suddivisi per le due classi di età maggiormente coinvolte.
Donne giovani e pre-menopausali:
i rapporti sessuali, mediante il trauma meccanico rappresentato dalla penetrazione favoriscono la risalita della flora patogena nell’uretra l’uso del diaframma e delle creme spermicide può provocare alterazioni del pH vaginale e quindi della normale flora batterica della vagina un nuovo partner sessuale può provocare trasmissione batterica o modificazioni della flora vaginale.
Donne anziane e post-menopausa:
Effetti della Sindrome genitourinaria ovvero di come la progressiva carenza estrogenica provochi alterazioni trofiche a carico dell’apparato genitale, determinando vaginite atrofica, modificazione della flora batterica con successiva alterazione del PH vaginale, peggioramento di eventuali quadri di Incontinenza urinaria o stabilità del pavimento pelvico.
Anamnesi personale di IVU in pre-menopausa
aumentato residuo post minzionale cateterismo vescicale vescica neurologica deterioramento dello stato funzionale in donne defedate e anziane
La diagnosi dovrebbe essere confermata all’urinocoltura.
La prevenzione delle IVUr prevede un adeguato counseling sulla prevenzione e risoluzione dei fattori di rischio, profilassi antibiotiche e non antibiotiche.
Un certo numero di misure comportamentali e di igiene personale sono normalmente proposte per ridurre il rischio.
E’ opportuno urinare prima e soprattutto dopo il rapporto sessuale.
Accurata igiene intima, utilizzando dei detergenti neutri, con movimenti che vanno dalla vagina l’ano.
Le lavande vaginali alterano la flora residente e quindi il PH, il loro impiego deve essere pertanto ridotto.
L’utilizzo di biancheria intima di materiale sintetico o pantaloni troppo aderenti evitano la normale traspirazione del perineo facilitando la proliferazione stafilococcica.
Abituarsi a bere molta acqua nella’arco delle 24 ore (almeno 1,5-2 litri);
Regolarizzazione dell’alvo (norme alimentari e farmacologiche per combattere la stitichezza);
Prolasso Organi Pelvici (POP)
Il pavimento pelvico è l’insieme di strutture muscolari, fasciali e ligamentose che chiudono il piccolo bacino sostenendo gli organi pelvici (vescica, uretra, utero, vagina e retto) e garantendo la normale funzionalità ed anatomia della pelvi. Se uno di questi fattori fallisce, l’esito può essere rappresentato da incontinenza o da prolasso degli organi pelvici.
L’Internationa Urogynecological Association (IUGA) e International Continence Society (ICS), hanno definito il prolasso come la discesa di una singola o plurimo organo mediante la parete vaginale. La vescica che discende nella parete vaginale anteriore determinerà un cistocele, il retto nella parete vaginale posteriore provocherà un rettocele, l’utero (cervice) sarà causa di isterocele o prolasso dell’apice vaginale (volta vaginale dopo isterectomia).
Si stima che il POP è una condizione che si verifica fino al 50% delle donne con prole, ma solo il 10-20% di esse si rivolgono ad uno specialista.
L’eziopatogenesi del prolasso degli organi pelvici è multifattoriale con fattori di rischio sia ambientali che genetici.
Il parto in generale ed ulteriori fattori ad esso legati rappresentano i fattori di rischio principali.
Altri fattori di rischio sono:
- Indice di massa corporea elevato
- Menopausa
- Malattie respiratorie croniche.
- Pregressa chirurgia pelvica
- fumo determina danno vascolare periferico a carico delle strutture muscolari provocando
fibrosi tissutale. - Condizioni come diabete mellito, morbo di Parkinson o sclerosi multipla.
Una valutazione completa del prolasso degli organi pelvici richiede pertanto un inquadramento completo valutando:
Storia familiare
- Anamnesi patologica remota e farmacologica
- Anamnesi patologica prossima
- Esame obiettivo e quantificazione del POP
- Imaging ed esame strumentale
Donne con prolasso degli organi pelvici spesso soffrono di un’ampia e varia sintomatologia.
- “senso del peso”
- “senso di rigonfiamento”
- Splinting: la necessità di ridurre manualmente il prolasso o applicare pressione al perineo,
alla vagina o al retto, per facilitare la minzione e/o defecazione.
- Lombalgia
- Incontinenza urinaria da sforzo, spesso associata a prolasso di basso stadio. In caso di prolasso ad alto stadio, il riposizionamento delle pareti vaginali può smascherare l’urina incontinenza sotto stress test che, in questo caso, viene definita “occulta”.
- Pollachiuria correlabile ad infezioni ricorrenti ma può anche essere associata a malattia ostruttiva con elevato residuo postminzionale.
- Incontinenza urinaria da urgenza: una perdita improvvisa e incontrollata di urina associata ad una sensazione di urgenza.
- Esitazione minzionale può essere associata ad ostruzione uretrale o lussazione della vescica.
- Svuotamento incompleto: la sensazione di non aver svuotato completamente la vescica dopo la minzione.
- Flusso intermittente o ipovalido con uso del torchio addominale o riposizionamento del prolasso o assumendo posizioni particolari per completare lo svuotamento.
- Disuria: minzione dolorosa o fastidiosa, tipicamente un bruciore acuto
- Stitichezza
- Problemi di evacuazione: in caso di prolasso avanzato, la paziente può essere costretta assumere posizioni particolari, ridurre manualmente il prolasso o utilizzare le dita per consentire l’evacuazione.
- Dispareunia: dolore genitale persistente o ricorrente che si verifica prima, durante o dopo il rapporto sessuale.
- Incontinenza coitale: perdita di urina durante i rapporti sessuali, sia alla penetrazione o durante l’orgasmo.
Diagnosi
L’esame obiettivo di una donna con prolasso genitale inizia con l’ispezione ed è comunemente eseguita in posizione litotomica.
Nel prolasso avanzato la discesa è netta già a riposo, mentre se il prolasso è di grado minore, il medico potrebbe chiedere alla paziente di tossire o di eseguire la manovra di Valsalva.
L’introduzione del sistema di quantificazione del prolasso degli organi pelvici (POPQ) è diventato
il sistema di classificazione standard. - Stadio 0: senza prolasso
- Stadio I: la maggior parte del prolasso distale è più di 1 cm sopra l’imene
- Stadio II: la maggior parte del prolasso distale è compresa tra 1 cm sopra e 1 cm sotto l’imene
- Stadio III: la maggior parte del prolasso distale è più di 1 cm al di sotto dell’imene ma 2 cm più corto della lunghezza vaginale totale
- Stadio IV: eversione completa
All’esame obiettivo si associano indagini diagnostiche come l’ecografia (addominale, transperineale), la risonanza magnetica (MRI), utile per i casi più complessi di prolasso genitale, imaging radiografico, come la cistouretrografia o la defecografia, studio urodinamico o manometria anorettale.
TERAPIA
RIABILITAZIONE PELVICA
Il primo approccio terapeutico è rappresentato dalla ginnastica muscolare del pavimento pelvico (PFMT) soprattutto quando il grado di prolasso è blando. La ginnastica eseguita regolarmente aumenta la forza muscolare del pavimento pelvico e la sua funzionalità, aiutando a prevenire il peggioramento del prolasso e migliorando i sintomi specifici del prolasso come la sensazione di rigonfiamento vaginale o gli altri sintomi associati, come l’incontinenza urinaria e anale.
Pazienti con prolasso avanzato, che difficilmente possono risolvere il loro problema con la PFMT ma sicuramente migliorano i sintomi derivano dal POP.
PESSARIO
Posizionamento di un intruso vaginale capace di sostenere gli organi prolassati.
Il pessario rimane infatti ancora la più comune, efficace, poco costosa e sicura opzione non chirurgica per aiutare le pazienti alleviando i loro sintomi. I pessari sono facilmente posizionabili ed altrettanto facilmente rimovibili. In base alla necessitòà della paziente esistono intrusi che vengono rimossi al termine della giornata quotidiana dalla paziente oppure pessari che permangono in sede nel medio periodo.
INTERVENTO CHIRURGICO
Esistono numerose procedure chirurgiche per la riparazione del prolasso. Questo indica che vi è una mancanza di consenso sull’approccio chirurgico ottimale e sull’elevato rischio di recidive. La terapia chirurgica deve essere scelta in base alle caratteristiche patologiche del prolasso ma soprattutto in base alle caratteristiche della paziente in modo da preferire l’approccio migliore possibile per quella determinata paziente. Non necessariamente la correzione anatomica migliore significa risoluzione maggiore della sintomatologia.
L’approccio chirurgico può essere per via vaginale o addominale. La riparazione fasciale per via vaginale prevede la colporrafia anteriore o posteriore per il comparto anteriore o posteriore, mentre il comparto mediano può essere trattato mediante culdoplastica sec. McCall, fissazione del legamento sacrospinoso, fissazione dell’ileococcigeo, sospensione della volta vaginale al legamento uterosacrale.
L’uso delle mesh per via vaginale è molto limitato.
L’approccio addominale prevede accesso laparotomico, laparoscopico o robotico. Le tecniche maggiormente utilizzate sono rappresentate dalla colposacropessi o colposospensione laterale.
Le complicanze maggiori sono rappresentate nel perioperatorio da ematomi, sanguinamenti o lesioni ureterali. Nel medio lungo termine la recidiva del prolasso o l’insorgenza di un nuovo prolasso può rappresentare la complicanza maggiore.
Varicocele
Il varicocele consiste nella presenza di vene ectasiche, “varicose” del plesso pampiniforme testicolare ed è presenta in circa il 30-35 % della popolazione maschile con prevalenza a sinistra per motivi puramente anatomici.
L’indicazione alla sua correzione è presente in età pediatrica o puberale in caso di ipotrofia gonadica tale da poter garantire un corretto sviluppo testicolare.
Lo spermiogramma andrebbe eseguito a raggiungimento della maturità testicolare.
Nel maschio adulto le indicazioni sono da riferirsi a:
- Presenza di infertilità (in alcuni casi può migliorare il quadro seminale ma non
necessariamente una sua correzione determina un miglioramento dei parametri seminali) - Sintomatologia (il varicocele non dà dolore ma al massimo senso di pesantezza scroto-
inguinale)
Chirurgicamente il varicocele viene corretto mediante legatura e sezione delle vene ectasiche previa
piccola incisione a sede subinguinale, inguinale o sovrainguinale.
L’intervento viene eseguito in regime di Day Surgery mediante anestesia locoregionale o locale con
sutura della ferita in punti riassorbibili.
Le complicanze più frequenti sono rappresentate dall’ematoma o dall’idrocele omolaterale.
E’ consigliabile il controllo mediante Doppler testicolare e spermiogramma a distanza di almeno 6 mesi.